Avete presente quanto è buffo il pinguino, nonostante viva in luoghi così difficili e pericolosi?
Lo sapevate che il pinguino cambia più volte all’anno il piumaggio? Come a rinnovarsi ogni volta. Inoltre ha un grande spirito di squadra quando si parla di difesa e sicurezza! Senza contare che è bianco e nero. Poli opposti. Quasi a ricordarci di ricercare un equilibrio.
Dimenticavo, lo sapevate che proprio per queste cose è considerato l’animale simbolo dell’intelligenza emotiva?
Ecco appunto. Questa cosa dell’intelligenza emotiva (IE) mi interessa molto. Credo sia giunto il momento che diventi materia d’interesse per tutte le aziende. Perché? Per Daniel Goleman (psicologo, divulgatore, scrittore) è la capacità di riconoscere i propri sentimenti e quelli degli altri, di motivare sé stessi, e di gestire positivamente le proprie emozioni, tanto interiormente, quanto nelle relazioni sociali (e professionali).
Per John D. Mayer (psicologo e docente University of New Hampshire) è la capacità di elaborare le informazioni in base alle proprie emozioni e quelle altrui. Una gamma di abilità cognitive specializzate nell’elaborazione delle informazioni emotive, e quindi percepirle, usarle, comprenderle e regolarle per l’adattamento in ogni contesto di vita (anche professionale).
Per me è mettere insieme dei contrasti, ibridare la testa col cuore, l'intelligenza con le emozioni, la tecnica coi sensi. Siamo fatti di tante parti, conteniamo moltitudini, non possiamo accontentarci di usare solo l’una o l’altra cosa. Solo testa o solo cuore.
No, qui ci vuole lavoro di squadra. Le emozioni “contano” dice Marc Brackett (psicologo ricercatore e fondatore dello Yale Center for Emotional Intelligence, professore presso il Child Study Center all'università di Yale). Bene, allora non sono solo questioni qualitativamente rilevanti. Possiamo ambire ad abbinare anche una parte QUANTITATIVA. Ed è ciò che alle aziende interessa maggiormente.
Vediamo spesso cosa succede quando osserviamo qualcuno che fa bene qualcosa. Impariamo, proviamo emozioni - di invidia o ammirazione - proviamo ad imitare o screditare. Sono i “neuroni specchio” bellezza (neuroscienziato Prof. Giacomo Rizzolati e il suo team dell'università di Parma 1996) e sono ciò che ci portano all’empatia.
Starà poi a noi capire cosa è meglio farsene. E se si lavora in un team, in un’azienda, con i propri manager o collaboratori, beh allora è il caso di farci i conti, perché parliamo di lavorare insieme per raggiungere qualcosa. E nelle aziende quel qualcosa può essere la differenza tra buoni o cattivi risultati “mica fuffa”. Si parla di crescita, competitività, produzione, investimenti, futuro, etc etc.
La definizione di Mayer e Salovey ci fa ben sperare. Non è che nasci così oppure affari tuoi. Ci si può arrivare, ci si può allenare, si può raggiungere. Questo fa dell’IE un fattore da non trascurare, ma incentivare, promuovere, strutturare, perché diventi fattore produttivo di un’impresa!
Ora immaginate di essere in un’azienda dove l’Intelligenza Emotiva (IE) è vista come fattore che può aiutare nella crescita, nella selezione del personale, nell’assessment, nell’empowerment, nella definizione delle carriere, nella realizzazione di progetti, nel raggiungimento di obiettivi, nella gestione dei successi e fallimenti, nella motivazione dei team! In che modo? Con l’ascolto e il training.
Essere consapevoli, gestire, e poi lavorare sulla comunicazione empatica, arrivare ad uno scopo condiviso (come un bene comune) per giungere a riconoscere qualitativamente e quantitativamente le abilità sociali e relazionali. Beh, che sfida entusiasmante!! Sapete soprattutto perché? Perché è fattibile! Voglio condividere qualche storia, qualche esercizio di formazione, qualche aneddoto per dare chiari contorni all’Intelligenza Emotiva.
Un giorno un collega (lavoravo ancora nella finanza) mi disse “vedrai, con la tecnologia potremo connetterci tutti. Se serve!! E quando non serve, via! Ognuno per sé!”. Mi rimase molto impressa questa cosa. Una sorta di ON/OFF.
Dentro o fuori. La sfida invece è colorare di umanità questa potenza tecnologica (altrimenti diventa Prepotenza direbbe il mio prof. di tesi, il sociologo ed economista M. Magatti). Passare da connessione a condivisione, da condivisione a CONTRIBUTO.
Provate a prendere una/un collega e fate questo esercizio. La MACCHINA FOTOGRAFICA. Siete in 2. Una/uno sta davanti con gli occhi chiusi e fa la macchina fotografica. L’altra/o dietro. Mani sulle spalle e se lo porta in giro per l’azienda (dentro e fuori dagli uffici. Interni ed esterni dell’azienda).
Quando si vuole si dà un piccolo tocco sulla spalla e chi è davanti apre gli occhi 1 secondo (e poi di nuovo chiusi) ed immortala quello che vede. Click (come l’obiettivo di una macchina fotografica). Fatelo 5/6 volte e poi confrontatevi. Cosa volevo fotografare? e perché? Cosa invece ha visto? e perché? Come vi siete sentiti? E poi cambiate i ruoli. Vi meraviglierete a conoscerete i diversi punti di vista (questi esseri misteriosi) dei vostri colleghi.
“La cosa importante è avere un alibi!” Non sto scherzando. In azienda l’ho sentito dire più volte da alcuni miei responsabili. “Attrezzati per sopravvivere”. Proteggere il proprio IO professionale e non curarsi di altro. Facciamo invece lo sforzo di costruire un NOI! Successi e fallimenti annessi! Potremo affrontare sfide impensabili.
Sono fondatore di un’azienda agricola. GeneraTerra. Si occupa di erbe officinali, ma soprattutto si occupa di relazioni e di persone. È una fattoria didattica che coglie dalla Terra gli spunti per allenarsi all’Intelligenza Emotiva. In che modo? Il metodo è questo: PREPARAZIONE SEMINA CURA e RACCOLTA. Parole che son verbi. Fare, osservare, aspettare. Che fatica, ma quanta saggezza. In questi ultimi anni di lavoro con le persone, e per le persone, ho visto e vissuto moltissimi momenti dove l’Intelligenza Emotiva ha contribuito molto, e in molte situazioni: il risolversi di questioni incagliate, l’ascolto attivo di colleghi che promuovevano idee innovative, l’empatia verso situazioni difficili e sofferenti, la condivisione di successi e fallimenti.
Tutto molto bello, ma la paura è che fossero mie sensazioni. Il mio modo di vedere le cose. Non basta. Mi son rimesso a studiare, sono andato alla ricerca di esperti della materia, che potessero darmi un po’ di scienza. Perché qui non è sufficiente avere una intuizione. Bisogna anche dare sostanza.
Mi sono imbattuto in molte ricerche e dati di grande valore. Di seguito qualche spunto di professoresse, professori e lavori di ricerca: “Le persone trascurano di misurare, e quindi conoscere, le proprie abilità emotive, e questo sembra un paradosso, se si considera che le emozioni ci seguono dappertutto e sono coinvolte in tutti gli aspetti della nostra vita” (A. D’Amico - intelligenza emotiva, pillole metaemotive per vivere meglio - San Paolo Edizioni 2018).
“Il MSCEIT (Mayer-Salovey-Caruso Emotional Intelligence Test) è apparso dotato di rilevante validità predittiva, in quanto i suoi punteggi sono apparsi in numerosi studi correlati a diversi indicatori di benessere individuale, quali la qualità della vita e il grado di soddisfazione, le relazioni sociali, il successo scolastico, accademico e professionale. L'applicabilità del MSCEIT ai diversi contesti di vita ne fa uno strumento utile per lo psicologo clinico, scolastico, del lavoro e dell'orientamento, per lo psicologo che studia e si occupa di disagio, devianza, e rieducazione.
D'altra parte, proprio perché basati su un modello di abilità, i punteggi individuali di Intelligenza Emotiva (IE) ricavabili dal test sono sempre migliorabili, in quanto le abilità cognitive sono suscettibili di cambiamento e perfezionamento. Il profilo individuale del MSCEIT nella sua versione italiana contiene, infatti, indicazioni importanti per il potenziamento di quegli aspetti di Intelligenza Emotiva che, alla somministrazione del test, sono apparsi più carenti” (A. D’Amico su rivista ITEMS - Giunti) “Un’inchiesta compiuta presso i datori di lavoro statunitensi rivela che più della metà dei loro dipendenti manca della motivazione necessaria per continuare a migliorare. 4 su 10 non sono in grado di lavorare cooperativamente con i colleghi. Ci sono abilità umane che il QI non prende nemmeno in considerazione.
L’intelligenza emotiva determina la nostra potenzialità di apprendere le capacità pratiche basate sui suoi 5 elementi: consapevolezza di sé, padronanza di sé, motivazione, empatia, abilità sociali e relazionali. Iniziativa, influenza ed empatia. I manager con queste qualità superano i propri obiettivi del 20%” (D. Goleman - Lavorare con l’intelligenza emotiva - BUR Rizzoli 2000). Secondo Health Advocate, a causa dello stress sul posto di lavoro, sono stati riscontrati 300 miliardi di dollari di perdita produttiva all’anno.
"E allora... se ancora non è chiaro, ve lo ripetiamo!
Non siate squali, siate pinguini!"
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Loc. Planareto, C. Post. 2, Capo di Ponte (BS)
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