17 / 01 / 2022
Mattia Nicoletti | Prova
Economia Circolare , recupero materia prima , green economy , Blue Economy
Il problema dell’inquinamento è uno dei temi di maggiore importanza degli ultimi anni e l’Unione Europea assieme agli stati membri sta mettendo in atto misure per rimediare ad una situazione che sembra giunta ad un punto di non ritorno.
Per salvaguardare l’ambiente e le generazioni future è necessario mettere in atto misure drastiche attraverso la collaborazione di imprese e enti nazionali.
In particolare dal 14 Gennaio 2022 è entrata in vigore in Italia in Decreto Legislativo n.196 del 2021, che ha come obiettivo quello di attuare nel nostro paese la direttiva dell’unione europea 2019/904.
Questa direttiva pone l’attenzione sulla Single Use Plastic (SUP), cioè la plastica monouso, la quale rappresenta una delle maggiori fonti di inquinamento, in particolare per quanto riguarda l’ecosistema marittimo e le spiagge.
Questo e altri fattori inquinanti hanno spinto negli anni ad una più attenta e consapevole gestione delle economie mondiali verso il loro impatto marittimo. la Blue Economy in particolare tratta proprio questi macroaspetti e sensibilizza la sostenibilità delle grandi economie verso il nostro patrimonio marittimo.
Si stima infatti che “ogni anno in Europa vengano prodotti 60 milioni di tonnellate di plastica: di queste 600.000 finiscono nel mediterraneo”, come sottolineato da Francesca Santoro, specialista di programma della commissione oceanografica dell’Unesco, durante il colloquio con Wired.
I dati di Altroconsumo confermano che l’80% dei rifiuti recuperati sulle spiagge sono di plastica; il 50% di questi sono plastica monouso e il 27% provengono da attrezzature collegate ad attività di pesca.
Si può facilmente comprendere come queste plastiche creino danni all’ambiente e in particolare, se sono state in precedenza trattate con sostanze chimiche, creano danni alla flora, alla fauna e all’uomo poiché queste sostanze verranno rilasciate nell’ecosistema marittimo.
La direttiva europea di riferimento evidenzia il problema dei rifiuti rilasciati soprattutto negli ambienti marittimi, fornendo delle indicazioni da seguire obbligatoriamente con l’obiettivo di salvaguardare il futuro del Mediterraneo.
I principali obiettivi fissati dalla direttiva sono (fonte Assolombarda):
L’articolo 1 del decreto mette in evidenza gli obiettivi finali delle iniziative messe in atto, cioè “prevenire e ridurre l’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente, in particolare l’ambiente acquatico, e sulla salute umana, nonché promuovere la transizione verso un’economia circolare con modelli imprenditoriali, prodotti e materiali innovativi e sostenibili…”
Nell’articolo 2 vengono invece evidenziati i materiali soggetti a divieto, cioè i cosiddetti Single Use Plastic non realizzati in materiale biodegradabile o compostabile, con percentuali di materia plastica rinnovabile superiore al 40% (60% dal 2024).
Il divieto è esteso ai prodotti oxodegradabili, cioè contenenti materiali chimici che permettono la loro frammentazione a contatto con l’aria.
Molto importante è anche il contenuto dell’articolo 4 in cui vengono elencati i provvedimenti e le iniziative che verranno messe in atto per raggiungere l’obiettivo prefissato.
In particolare si pone l’attenzione sulla “sperimentazione, promozione, attuazione e sviluppo di processi produttivi e distributivi e tecnologie idonei a prevenire o ridurre” la produzione di rifiuti derivanti da prodotti in plastica monouso.
Oltre a ciò viene affermato nelle pagine successive che verranno effettuate attività per informare e sensibilizzare la popolazione sul rischio dei prodotti in plastica monouso e sui vantaggi che fonti alternative possono portare sia alla produzione che all’ambiente.
Queste affermazioni ci aiutano a comprendere come l’obiettivo finale sia più ampio di quello che si possa immaginare e che la nuova legislazione non vuole essere percepita come un vincolo produttivo, che rischierebbe solamente di mettere in difficoltà le aziende di svariati settori, ma come un’opportunità per effettuare nuovi investimenti e avviare nuovi modelli di business che, se implementati dalla maggioranza, saranno in grado di portare un notevole vantaggio a livello globale.
Potranno quindi presentarsi nuove Startup nel campo dei materiali alternativi o dei processi tecnologici che potranno partecipare al raggiungimento dell’obiettivo di un pianeta green e libero da sostanze inquinanti come proprio la i prodotti SUP.
La normativa italiana (D.lgs. n.196 8 Novembre 2021), presenta tuttavia alcune differenze di non poca rilevanza.
Secondo alcuni esponenti infatti la normativa europea non tiene conto di alcuni fattori dal punto di vista nazionale e per quanto riguarda il tessuto economico italiano, in particolare al mercato della plastica.
Si è quindi provato a trovare una soluzione che permettesse di ridurre l’inquinamento legato alla plastica monouso, senza tuttavia rischiare di pesare eccessivamente su alcuni settori economici e alcune aziende produttrici.
Per quanto riguarda i prodotti in plastica monouso, questi sono messi al bando anche dalla normativa italiana, ma non vengono considerati altri prodotti come quelli in plastica biodegradabile e compostabili; questi prodotti dovranno comunque avere una percentuale entro il 2023 del 40% e del 60% dal 2024 in poi.
Le iniziative varate dallo stato italiano, tra l’altro messe in atto con 6 mesi di ritardo, dovranno essere valutate dalla Bruxelles e dalla Corte di Giustizia; la direttiva europea lasciava sicuramente un buon margine interpretativo, ma non è detto che ciò basterà ad evitare una possibile correzione del decreto.
Tali differenze a livello legislativo sono dovute principalmente al fatto che l’Italia è il paese che produce più bioplastica a livello europeo, con un giro d’affari di 815 milioni di euro.
Salvaguardare questo settore tenendo sempre in considerazione l’impatto ambientale è di fondamentale importanza, considerando anche che altri paesi orientali stanno entrando prepotentemente in questa nicchia di mercato.
Il 20 Novembre è stato pubblicato un importante incentivo all’interno della Gazzetta Ufficiale per incoraggiare le aziende ad investire nell’acquisto ed utilizzo di materiali e strumenti composti di materiali innovativi che non impattano negativamente sull’ambiente, con lo scopo conseguente di eliminare i prodotti in plastica monouso senza creare disagi alle aziende costrette a modificare le proprie logiche commerciali.
Il credito d’imposta è diretto alle imprese che utilizzano materiali biodegradabili o compostabili secondo la normativa UNI-EN 13432:2002.
Sarà disponibile per gli anni 2022, 2023 e 2024 per una somma massima di 3 milioni di euro ciascuno.
Spetta alle imprese per il 20% delle spese sostenute e documentate con una somma massima annuale di 10 000 euro per ciascun beneficiario ed utilizzabile solamente in compensazione.
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